Critica
Renato Valerio
2002
ALBERTO VENDITTI: IL “CAOS PITTORICO” INTESO COME ORIGINE DI UN NUOVO LINGUAGGIO COMPOSTO DI ORDINE E FORME DI ENERGIE CREATIVE PER ESALTARE I VALORI UMANI E SOCIALI DELL’ESISTENZA”
Di questi tempi la nostra società contemporanea vive percossa e travolta da eventi epocali globalizzati e soggetta ad una miriade di altre pressanti situazioni innovative esistenziali che nel breve volgere di pochi anni, hanno stravolto la maggior parte dei criteri e degli ordinamenti politici ed economici di un modo di essere e di vivere che in precendenza, nell’esplicarsi della vita sociale sino a giungere alla fine degli anni ’90, erano considerati elementi fondanti di un sistema dai cardini inamovibili e dalle certezze consolidate. Oggi, non è più così. Molti dei riferimenti che si ritenevano capisaldi della stabilità del nostro agire ed anche indici ideali del nostro vivere, sono franati miseramente in un battibaleno come cumoli di sabbia friabile sotto l’inesorabile spinta del vento della globalizzazione, la quale, ha imposto le sue leggi, dettando i tempi e i metodi, per come oggi si deve reinterpretare la quotidianità. Queste nuove regole però, al di là dei buoni intendimenti dello “spirito globalizzante”, anziché contribuire a migliorare la qualità della nostra esistenza temporale, per il momento, sembrano aver favorito il proliferare e il dilagare di una moltitudine di altri disagi sia a scapito di molti soggetti, che a carico di numerose altre realtà settoriali di importanza fondamentale (come il mondo del lavoro, della scuola, e quello artistico) che compongono l’ossatura qualitativa del nostro tessuto sociale, aggiungendo quindi alle precarietà già esistenti, ulteriori problematiche e altre instabilità. E, una cosa è certa: l’avvento di questi criteri globalizzati ha crudamente rivelato che certamente nulla mai sarà più come prima. Si è così delineato uno scenario sociale che risulta pervaso e attraversato dalla fibrillazione di una quantità di nuove sollecitazioni, che hanno imposto a tutti, un radicale cambiamento della visione di intendere la vita del mondo, ma nonostante questo loro propositivo proclamarsi, allo stato attuale delle cose, ci stanno viceversa configurando solo un presente-futuro connotato di profili carichi di numerose insidie e incognite. È giunto per tutti il tempo di cercare di capire se quest’invasivo processo portatore di cambiamenti così draconiani e definiti necessari, che forse sono stati improntati con frettoloso ottimismo, non stia invece creando nei nuovi sistemi della vita sociale di tutti i giorni, più preoccupazioni che garanzie e sicurezze. Questi gravosi interrogativi ingiungono, a tutti coloro che si sono proposti di governare sia nelle sedi istituzionali che in quelle politiche, come altresì a quelli che si sono prefissi il compito di reggere i destini del mondo della finanza e di quello produttivo, di esercitare una seria riflessione in relazione ai metodi e alle strategie adottate oggi per fronteggiare queste grandi metaformosi sociali e culturali in atto, soprattutto perché, in questi frangenti, tali sistemi, hanno abbondantemente dimostrato di aggravare in maniera aggiuntiva, le problematiche esistenziali ad ogni livello e grado in molti settori vitali della società; una società che peraltro risulta già provata, e che per molti aspetti e ragioni, di fronte a queste irreversibili trasformazioni epocali, appare ancora più frastornata e disorientata. Dinanzi a queste dinamiche globali in corso, anche l’universo delle intelligenze creative è chiamato, ed ha soprattutto il dovere, di intervenire e di far sentire la propria presenza positiva. In questi frangenti, è il “caos” che regna sovrano (caos, inteso come “ordine-disordine” per raggiungere uno scopo?). E, in tale situazione, l’uomo contemporaneo sembra aver smarrito ogni suo punto di riferimento, e corre seriamente il rischio, di perdere il senso della sua identità “umana e solidale”: una umanità e una solidarietà, che sono sempre state le sue grandi prerogative, ma che ora, viceversa, all’interno di questo “modus vivendi et operandi”, risultano indebolite e stinte proprio nei loro valori e nelle loro funzioni primarie, se non ormai addirittura sacrificate, sull’ara dei riferimenti materiali rappresentati dalla pratica globalizzate che trasborda di luccicori effimeri; valori effimeri che sempre di più in questo inizio di secolo, si stanno affermando con prepotenza, proprio grazie a queste nuove regole globali. E siamo giunti al punto dolens. Oltre all’incalzare frenetico dell’azione di questo inedito modello di società ormai così concepito, in questi ultimi decenni, abbiamo purtroppo assistito anche ad un graduale e progressivo declino della qualità della proposta artistica, durante i quali, sono emerse in tutta la loro evidenza, sia una decadente progettualità che la pochezza poetica espressiva. L’insiemistica di tutto questo manifestarsi, ha prodotto nel settore delle arti, indirizzi culturali e conseguenti atteggiamenti sociali, a volte anche di natura deviante, che con questo loro assestarsi nella nostra storia, sono riusciti perfino ad emarginare i valori fondamentali come quelli (umanistici, religiosi, compositivi e poetici) contribuendo non poco a mortificare, il vero senso dell’agire artistico, e causando molta disaffezione e sconcerto, fra gli estimatori di questa nobile disciplina. A fronte di questo particolare stato confusionale in cui si trova oggi la nostra civiltà coeva, è auspicabile che tutte le risorse autenticamente creative e capaci di ripensare modelli e messaggi artistici veramente “innovatori”, riescano a ritrovare le spinte ideali per promuovere nuovi atteggiamenti, dove l’uomo-artista, possa finalmente riappropriarsi dei suoi territori di indagine e ricerca, e ridiventi ancora, e per davvero, l’artefice e l’autentico agente referenziale del proprio contesto culturale-creativo, che oggi, come non mai nella sua storia, si è palesato così “decadente, confuso e caotico”. “Il compito attuale dell’Arte – ha scritto Adorno – è quello di introdurre il caos nell’ordine”. L’artista è quindi chiamato ad assolvere un compito molto importante. A lui viene demandata così l’incombenza di assumere un ruolo più diretto e da protagonista per riuscire a modulare in divenire un “nuovo stile di vita” – questo – attraverso la formulazione di linguaggi creativi e visivi sempre più ricchi nelle diversità espressive, strutturati con la bellezza, e sorretti dal buon gusto interpretativo ed inventivo, criteri questi che negli ultimi decenni, sono stati però, abbondantemente traditi e disattesi. In sostanza, alla crisi d’identità palesemente espressa in questo settore in questi ultimi decenni, dove tra cadute di stile e di progettualità si sono potuti riscontrare l’abbrutimento e l’appiattimento delle virtù della creatività, della poesia e del buon gusto, occorre che il vero artista sappia reagire, e rispondere con le ragioni forti e affermative di cui è portatore, proprio con un “vero agire artistico”. Il “caos” sollecitato da Adorno, va quindi inteso nella direzione di una summa di fattori che pur manifestandosi imprevedibili sia nell’azione e sia negli esiti, e che pur reggendosi attraverso sottilissimi equilibri, dimostri di sostenersi nella propria proposta, con una sua vita autonoma, e fatta di regole proprie. E proprio su tali coordinate, si sta sviluppando il discorso artistico di Alberto Venditti, ed è probabilmente a questo tipo di “caos” così inteso e concepito, che si è riferita, sviluppata e distinta nell’ultimo biennio, la sua intrigante ricerca creativa pittorica. “Caos”, dalla voce greca, significa “abisso” e anche “vuoto”; è proprio a ripartire da questo territorio di grecità trasferito dentro la lettura degli ultimi eventi che hanno caratterizzato la cultura artistica dell’attuale società, che il pittore ha ritrovato gli stimoli per promuovere e sviluppare la sua poetica pittorica? “Caos” inoltre, trova anche un suo riscontro in senso biblico, inteso come “confusione della materia”, dalla quale Dio, trasse dal cosmo un “ordine” del mondo separando gli “elementi” e assegnando a ciascuno di loro “funzioni proprie”; è quindi l’attrazione in direzione dei valori espressi in questo concetto dal sapore umanistico-religioso, che Venditti ha veicolato la concertazione che ha conferito vita e forma al suo fare? Eppoi, ancora, “caos” è oggi inteso, come significato legato al senso delle leggi fisiche (e questo in riferimento alle spiegazioni di accadimenti come terremoti, alluvioni ecc.) con definizioni del tipo, “avvenimento naturalistico di ordine caotico”; l’artista ha attinto anche al senso di queste leggi interpretate come “un insieme di fenomeni espressivi apparentemente confusi e caotici” (ma che certamente vivono di un loro ordine) per indirizzare e realizzare il significato degli assunti costruttivi e pittorici del suo lavoro? Credo proprio di sì. Ed è probabilmente a partire dalla riflessione su questi grandi temi, che è nata e si è connotata, quest’ultima fase dell’avventura pittorica di Venditti: egli ha avvertito l’esigenza di intraprendere questo percorso per lui del tutto inedito, con il precipuo intendimento di arrivare sia a concretizzare “nuove forme espressive di linguaggio”, e sia per conferire una “nuova vita e senso” al suo lessicare artistico. A questo risultato l’artista approda con i caratteri della sua ragguardevole cifra stilistica, che attraverso i valori sottilmente intesi ed evocati all’interno della vita segnica di questo suo nuovo territorio creativo, gli hanno consentito di determinare e conferire ai suoi assunti pittorici, una formulazione di un linguaggio poetico compositivo esclusivamente suo, che pur sempre allusivo, diventa rivelazione di una visione pregna di riferimenti e di caratteri universali, che hanno sempre come centralità della proposta l’uomo, i suoi valori, e la sua esistenza. Il pittore milanese sulla base di questi principi, si è posto così il problema di tradurre in immagini una sua idea forte; un pensiero visivo capace di incarnare le “ragioni più vive come i sentimenti e le emozioni”, che nel dispiegarsi dentro il suo fare pittorico, non risultino mai disgiunte dalla prassi delle realtà tecniche ed espressive. Sentimenti ed emozioni che vengono tradotte e concretizzate dal suo gesto, attraverso un procedere che vede interagire tutti gli elementi costitutivi dell’opera anche fra quelli più differenti (colori grumosi e segnici – pezzi di stoffa) che a volte appaiono in contrasto tra di loro – e che in prima istanza – creano nell’osservante una sensazione visiva di “apparente disordine”, ma che poi, dopo una attenta lettura all’interno della loro globalità dialogica compositiva, ognuno vi può cogliere ed avvertire chiaramente, il manifestarsi di una vita e di un racconto che si reggono sotto la spinta di un’azione che conferisce loro un preciso “ordine-struttura-movimento”. Un ordine ed un movimento del tutto inventati, in cui l’artista, estrinseca e propone tutti i sapori e le qualità di questa sua “forte idea creativa”, che nel dispiegarsi in forme di vita nello spazio, strutturano nello stesso spazio in cui sono state concepite, delle stupefacenti pagine pittoriche che si delineano assemblate con una compatibile e incredibile euritmia d’insieme. In pratica, Alberto Venditti, nell’elaborazione di questi suoi ultimi lavori, ha creato un suo “caos”; un “caos che però non ha la funzione limitata e sola intesa ad ottenere il governo dei volumi e delle forme colorate (vuoti e pieni) nello spazio che egli costruisce con un suo “ordine-disordine”, ma proprio dentro le leggi che regolano quest’ambito, egli promuove una azione che è tesa ad animare e organizzare sempre di più questo spazio, al fine di assegnare una “vita simmetrica ed espressiva propria” a tutti gli elementi che lo costituiscono, questo, mediante il ricorso anche ai consolidati indirizzi simbolisti. E, questo spazio così inteso e definito, e dove l’azione di Venditti ci configura le sue visioni e i suoi racconti, viene complementato dalla penetrazione trasversale da parte di una luce pittorica in movimento, che è inventata dall’artista, con una serie di contrappunti tonali musicali che ne determinano ancora di più e in senso più pregnante, la struttura e la fisicità dei “vuoti e dei pieni” che lo costituiscono, che poi, nel divenire e concretizzarsi in corpi e forme, consentono l’animarsi di un discorso pittorico che riesce a trasmetterci delicate sinfonie e sembianze di arie colorate, che riescono a caricare le percezioni di questo suo mondo, di indubitabili e significanti valori umano-sociali, intrisi di una dolce e struggente poesia. Quello che il pittore milanese ci testimonia in questo suo procedere, è il chiaro manifestarsi del suo universo sensibile che si esplicita sì secondo le regole sprigionate da una fertile fantasia e da un pensiero veramente liberi e creativi, ma che si avvalgono e si attivano sempre, dentro i riferimenti e i principi che si nutrono delle radici culturali della grecità – ed anche – del senso biblico di “caos”. Sono questi i presupposti che nell’operare di Venditti vengono sempre sottesamente chiamati in causa: sono come una sorta di “ilo” che lo tengono sempre collegato alla sua “natura di essere e sentirsi artista” ;un’artista che ha fortemente radicato e vincolato sempre il proprio fare creativo, dentro la grande lezione della cultura umanistica mediata sempre dai suoi saldi convincimenti religiosi. In questo formarsi operativo, come accennavo in precedenza, è fondamentale osservare quanto sia significativa l’incidenza che ha nell’avventura pittorica di Venditti, la cultura simbolista legata alla letteratura, al mito, alla sensualità, all’immaginazione e alla Natura. E proprio a tale riguardo è importante rimarcare come il simbolismo promosso dall’artista in questo ultimo ciclo di opere, soprattutto in raffronto ai contenuti espressi in quello conosciuto e consolidato nella storia tradizionale, si pronunci con caratterialità strutturali del tutto inedite: infatti, il pittore milanese di origini napoletane, in questo “suo simbolismo”, introduce un elemento di novità che è costituito dal “concetto azione-movimento”, formulato con una condotta pittorica, che è intesa a tagliare simultaneamente in senso orizzontale e verticale, la composizione globale. Si osservi a tale riferimento il dittico “Accadimento”, dove appunto la spazialità creata dal magma pittorico sulla parte sinistra della tela diventa visione, e al tempo stesso, simbolica energia (vento-movimento) che altrettanto in modo sincronico, si traduce in sostanza organica che va a determinare dei vuoti e pieni pittorici che improvvisamente, si illuminano di intense vibrazioni, per significare penetranti sentimenti: tutto ciò si rileva con chiarezza, osservando la proiezione trasversale della massa pittorica che costituisce la figura femminile, a cui l’autore, imprime, all’interno di una architettura strutturata con elementi in movimento, una grande dignità, trasferendo nel volto (e questo senza banali caricature enfatiche) tutto il peso delle profonde inquietudini interiori, questo, in netto contrasto e in contrapposizione “dell’energia-movimento” che si articola in senso verticale e orizzontale nella visione degli elementi rappresentati (sedia e frutta) nella parte a destra del dittico, che pur essendo pretesti per bilanciare la composizione, ci configurano e ci traducono in modo simbolico, un accadimento quotidiano che enuncia con grande intensità, la precarietà dell’esistere. Questi risultati per certi aspetti straordinari e per altri inquietanti, sono ottenuti dall’autore senza alcuna gratuità o liceità dell’agire, e riverberano sulla tela, la risultanza e la proiezione di un pensiero (quello dell’artista) gravido di grande nobiltà d’animo, che si concretizza in vibrante figuralità, sotto la pressante azione di un gesto pittorico dettato forse anche da un lampo di lucida follia: un atto rapido che riesce con grande efficacia a penetrare e attraversare intimamente i soggetti rappresentati, riuscendo a conferire loro una vita autonoma e proprio all’interno dello spazio che li costruisce; un procedere questo, che sovverte l’ordine e lo schema della costruzione tradizionale di un componimento pittorico, per affermarsi e legittimarsi così, anche con una propria e inconfondibile caratterialità. Con quest’inedito modo di figurare e di raccontarci l’esistenza attraverso il colore, il pittore riesce altresì ad attribuire ai suoi personaggi, una realtà spirituale animata da un grande pathos sempre pregno di grande umanità esistenziale. Venditti dà origine così ad un elaborato lirico espressivo che è di forte impatto, creato con “forme nuove di vita”, che pur avvalendosi dei dettami della pittura tradizionale (nel senso di cromaticità, accordi tonali e coloristici) sfugge poi, come accennavo pocanzi, a tutte le regole accademiche della costruzione pittorica, appunto per definirsi ed imporsi, con un lessico proprio e inedito. È un “caos ideale” – quello espresso dall’artista – inteso come sorgente e sviluppo della vita armoniosa delle forme, quale singolare ordine di pensiero e di un sentire densi di “humus, di novità e unicità costruttive e visive”, che sino ad ora, poche volte, ho potuto riscontrare con queste specificità, in un componimento pittorico. Venditti ci significa inoltre, con questa sua proposta artistica, che l’apparente “caos-disordine quando è organizzato”, può diventare una positiva attitudine quanto “l’ordine”, se le leggi che lo regolano diventano armonia, poesia, e vera comunicazione, come è dato appunto da rilevare in queste sue esplicazioni. Armonia, poesia e vera comunicazione, che sono elementi irrinunciabili per “costituire la vita di una vera opera d’arte”, ed anche perché, specificità precipue che sanno donare una sorta di respiro lungo alla visione interna dell’opera, dentro le scansioni di un tempo immaginario, giocato sull’equilibrio della musicalità colorata dei volumi dei vuoti e dei pieni, dove vive e vibra sempre un pensiero forte che fa vivere intense emozioni. E tutto ciò, nelle opere di Venditti, traspare con evidenza nella disposizione di tutti gli elementi e nelle miscellanee che formano questo suo nuovo sistema pittorico, che in talune circostanze all’osservante appare costruito ora in maniera sfrangiata, ora viceversa composto di stesure corpose ordinate e geometrizzanti, ora concertato e steso in modo invasivo e libero sulla superficie della tela, ora meditato e controllato nei tocchi segnici a definire, che intersecandosi tra di loro, creano una ambiguità e una soggettività della visione, che di primo acchito, trasmettono un senso di apparente “caos” (inteso dall’artista anche in ragioni metaforiche, come caotica visione del mondo coevo, che subisce impotente il degrado morale, sociale, culturale e politico?) che avvalendosi di giusti equilibri svelati e carpiti dall’artista all’interno delle recondite armonie insite nelle diversità degli elementi che lo determinano, pur vivendo una propria situazione, diventa anche un chiaro pretesto per risvegliare messaggi positivi e in termini di riscatto, sia all’ordine del fare artistico e pittorico più in generale, che a quello di indirizzo sociale. Alberto Venditti tende così ad una azione-presenza creativa che si vuole identificare con questo suo caos, “come uomo universalizzato e spiritualmente attivo” e in continuo colloquio e rapporto con le diversità dei valori sia della Natura che esistenziali, anche perché, egli è pienamente consapevole che appunto nelle ricchezze di queste diversità espressive e creative, si trovano le fonti ispiratrici che fanno concepire l’azione che conduce al risultato di vera “opera artistica ben formata”. Un’ipotesi questa, molto vicino alle grandi riflessioni poste in materia dalla autorevole scuola di pensiero di Holderlin e di Heidegger. Un terreno operativo questo scelto dal pittore milanese, ricco di rapporti e conflitti che si incrociano tutti (come accennavo in precedenza) sulla via della grecità e del cristianesimo, riferimenti questi molto cari ad Alberto, che proprio su questi fondamenti, ha incanalato questa sua ricerca poetica, questo, al fine di poter dare un senso più compiuto al suo dialogare con la pittura, dentro ai significati della vita e dell’esistenza dell’uomo. E quindi è più legittimo sostenere che l’artista, caratterizza qualitativamente sempre la sua opera, grazie al suo continuo e costante rapporto con le radici storiche e culturali di tali riferimenti, e che proprio dai loro humus, egli trae gli spunti e le energie che successivamente si concretizzano in un agire che ci traducono la “sua idea del mondo”, che vede sempre il concepimento di intenti, atti a rilanciare e far rivivere i valori “dell’Umanesimo in Arte”. La sua è una vicenda artistica che forte di questi convincimenti, lo portano ad essere considerato nel panorama delle arti visive contemporanee, un operatore artistico sì avulso e lontano dal mondo dei rumori e dei luccicori del mercato e delle mode di turno che hanno sciaguratamente invaso il settore, ma certamente, lo confermano un artista di rango e pittore di primissimo ordine. Il bagaglio tecnico e culturale in suo possesso gli permettono, in questa sua stagione produttiva oggi più matura, di intessere, forgiare e strutturare, attraverso l’acuto sentire del proprio universo sensibile e creativo che vive nutrito con i grandi riferimenti umani e sociali, un linguaggio che è sempre più “vivo e attuale”, che si propone e penetra con la sua indagine conoscitiva, in ogni essenza e sintomo che lo promuovono, per significare e affermare nel modo più esauriente, sia i valori della vera pittura, che la propria appartenenza alla poetica umanistica. A tale riferimento, molto esaustivo si rivela lo straordinario ciclo delle opere dedicato alle figure femminili, le quali non sono proposte e interpretate solo come semplici pretesti pittorici e plastici, nel senso dello studio anatomico e delle forme, ma vengono elevate e valorizzate dal gesto dell’artista, negli aspetti più reconditi del pianeta donna: è una lettura dell’universo sensibile femminile che Venditti compie attraverso le corde sensibili del suo animo, e con la discrezione che lo contraddistingue, ne interpreta e ne coglie gli aspetti più umani, caricando queste figure con una struttura pittorica tesa a slargare la massa corporea, e nel contempo, trasferisce soprattutto nei loro volti, una molteplicità di note squillanti tipiche della vivezza interiore, sentimentale e psicologica, che solo un vero poeta del colore sà cogliere in una donna, e caratterialità che risultano cariche e pregne dei segni esistenziali, che gli accadimenti della vita di ogni giorno, le imprimono dentro e sotto la pelle. E’ questa una straordinaria, attenta, assorta e rispettosa lettura dell’animo e dell’universo femminile: un animo ed un universo femminili che sono indagati con grande garbo, e che ci proiettatane attraverso le risultanze di una vivida energia pittorica visiva, una umanità vera e non artificiale. A questo risultato Venditti approda con gli strumenti del suo lessicare intriso di un delicato afflato poetico e al tempo stesso romantico, con rilievi di ordine compositivi ed estetici di grande suggestione, configurati con una preziosa materia pittorica composta con trame e orditi costruiti con fasci di luce di colori ora suadenti e pastellati, ora umbratili, ora timbrici e accesi, ora più ovattati fino a degradare in ogni registro e piano colorato, per significare ancora di più, gli stati e le pieghe più celate dell’animo, che a completamento dell’opera, vengono definiti da un segno sapiente ed incisivo che ne esaltano i contenuti, il carattere, e la forma. Un carattere e una forma attentamente pensati e meditati, che ci trasmettono questa sua percezione del mondo, che attraversa tutti i sensi. Il proposito che più sta a cuore all’artista, è quello di riuscire a giungere a colloquiare più profondamente con l’attività dello spirito; uno spirito che sotto l’influsso di un vero agire artistico (e di questo Venditti ne è assolutamente consapevole) può creare e determinare messaggi autenticamente vivificanti. Il senso profondo di questo suo sentire d’artista, non può essere considerato banalmente un solo atteggiamento, bensì una reattiva partecipazione attiva e diretta per significare il “senso reale” che di fatto vive e si innesta dentro il “sentire esistenziale”, in funzione anche di agente ideale, che sospinto da una forte consapevolezza soggettiva, sa appunto tramutare così questo processo, in una “vera comunicazione positiva”. La logica e la metodologia messe in gioco da Venditti per arrivare all’affermazione di tale concetto, sia pur realizzate nel loro corso evolutivo tramite effetti e cause a volte tenacemente e coscientemente perseguite, e in talaltre circostanze ottenute anche casualmente, sono comunque sempre sostenute dai grandi convincimenti che l’artista ha fortemente radicati nel “sentirsi veramente vivo e partecipe” proprio come protagonista e testimone dentro il susseguirsi dei fenomeni dinamici sia culturali che esistenziali, dove anche “l’apparenza o la realtà estetica”, egli non ce le vuole rimandare solo in termini di immagini di carattere di “formale componimento” fine a se stesso, bensì ce le propone come mezzo espressivo in divenire di “rivelazione, racconto, e riflessione”, per sensibilizzarci di più sui mali che affliggono l’attuale società, e per diventare soprattutto, una testimonianza organica e oggettiva. Questo intendimento di Alberto Venditti mira certamente all’obiettivo di attivare il risveglio dell’universo dei valori dentro la coscienza dell’essere, quale stimolo per tutti, per riscoprire la “pienezza del significato di vivere, e non solo quella dell’esistere”.
2005
La Cappelletti Arte Contemporanea ha presentato, in maggio, l’ultima produzione del pittore di origine napoletana, da anni residente a Milano, Alberto Venditti: paesaggi e nature morte, dipinti con rara sintesi denotativa. Da tempo, ormai, questo vigoroso esponente della nuova figurazione contemporanea ci presenta oli di estrema asciuttezza espressiva. Il colore è magro, in certi casi come strappato dalla stessa polpa cromatica in una sorta di ferita aperta; il segno serpeggia lungo le torturate campiture come per graffiare ed incidere in profondità il tessuto degli scarni soggetti trattati. Si ha così la percezione, acutamente dolorosa, di una visione del mondo che si sospinge sino alle radici dell’essere, dove l’uomo-natura rispecchia le lacerazioni e gli spasimi della sofferenza universale.