Critica
Vera Agosti
Da ArsLife diretto da Paolo Manazza
Giugno 2009
Un maestro della figurazione, che non abbandona mai la realtà e il soggetto, per trasformarli, reinventarli continuamente, in una trasposizione poetica che mostra inusuali punti di vista del quotidiano. Così l’autoritratto di Van Gogh, incastonato in un abbozzo di collage, fluttuante e perso nell’azzurro royal, più blu del cielo dei disegni dell’infanzia, troneggia circondato dagli elementi che possiedono il suo destino (Vento ad Arles). E’ l’omaggio al grande pittore che spinge Venditti a cogliere l’attimo, fissandolo sulla tela in uno pseudoimmobolismo sognante e ammirato. Notevole la serie dedicata ai ciclisti, nobili campioni di sacrificio e umiltà, che corrono impetuosi sulla leggerezza del mezzo, scomparendo nel moto e nella velocità, in un nulla ovattato e inconsistente. In quasi tutte le opere, il grande protagonista è il vento, lo spostamento d’aria e dunque il movimento: tutto si muove sulla tela, tutto trascorre portato dal vortice e ogni elemento tende a dilagare nello spazio. Nello stesso modo i protagonisti della scena (il ciclista, l’acrobata, l’atleta del salto in alto) si presentano nell’attimo in cui compiono i loro gesti naturali, necessari al raggiungimento del traguardo, assumendo pose mobili di notevole efficacia. Nel dipinto Incendio le fiamme rosseggianti, completamente assenti, sono vagamente ricordate da lingue di colore azzurro. Il drammatico evento viene espresso attraverso la confusione infinita degli oggetti che si mescolano tra loro, rotolando nel rogo, assumendo forme indistinte: caos puro, tensione, paura, un grido disperato nella furia del fuoco, che non si vede ma compare idealmente, è l’effetto conclusivo, il vento caldo che tutto distrugge o distruggerà. L’olio, steso con ampie e morbide pennellate, salda e sancisce l’equilibrio della composizione. Il gesto, ora vibrante e appassionato, ora malinconicamente pacato, non diventa in nessuna occasione eccessivo e violento. Accenni di materico volume, colore puro e vivo, impreziosiscono lo sfondo che è parte fondamentale dell’opera, inscindibile dal soggetto, e da esso si arricchisce e rafforza, come una pianta o un fiore che traggono nutrimento dalle proprie radici. Una ricerca amorevole, fedele e continua, che negli anni non manca di sensibilità ed emozione.
2005
La Cappelletti Arte Contemporanea ha presentato, in maggio, l’ultima produzione del pittore di origine napoletana, da anni residente a Milano, Alberto Venditti: paesaggi e nature morte, dipinti con rara sintesi denotativa. Da tempo, ormai, questo vigoroso esponente della nuova figurazione contemporanea ci presenta oli di estrema asciuttezza espressiva. Il colore è magro, in certi casi come strappato dalla stessa polpa cromatica in una sorta di ferita aperta; il segno serpeggia lungo le torturate campiture come per graffiare ed incidere in profondità il tessuto degli scarni soggetti trattati. Si ha così la percezione, acutamente dolorosa, di una visione del mondo che si sospinge sino alle radici dell’essere, dove l’uomo-natura rispecchia le lacerazioni e gli spasimi della sofferenza universale.