Una chiesa con le ali

Gli interventi di Valentino Vago e Floriano Bodini nella Chiesa dei S.S. Pietro e Paolo di Rovello Porro.

È sorprendente e suggestivo il passaggio che si avverte dall’esterno all’interno dal momento in cui si varca l’ingresso della Chiesa. La sensazione iniziale è di uno spazio dilatato e di grande ariosità per effetto di delicate sfumature di colore ma percepibile in modo unitario; questi lievi passaggi di colore acquistano poi, sempre più consistenza man mano che ci muoviamo all’interno del loro succedersi. Successivamente scopriamo dentro questo colore una costellazione di immagini lievi come apparizioni fatte della stessa sostanza spaziale in cui sono rappresentate.

Questa concezione così nuova ed in apparenza scenografica nell’affrontare il tema dell'”Arte-Sacra” ha qualcosa di antico; questa, sensazione ci riporta alla mente l’emozione che si prova all’interno di una chiesa bizantina (penso al Galla Placida o al Battistero). All’interno della chiesa bisogna abituare gli occhi alla penombra che ci avvolge, ma poi si incominciano ad intravedere i mosaici che, con le loro vibrazioni di luce, fanno sprofondare lo spazio annullando il confine fisico del muro che esiste solo nella presenza di essi ammiccanti tra un piano presente e l’infinito, come un notturno stellato. È la smaterializzazione della materia; a una impressione che ci eleva. Ma, a differenza del “notturno” bizantino, l’intervento di Valentino Vago conferisce allo spazio una grande luminosità che ha una sua qualità non naturale.
L’artista per ottenere questo continuum spaziale accorda le vaste campiture di colore mediante graduali e sfumati passaggi che investono e trascendono anche le nervature originarie dell’architettura. Questa levità sembra far prendere il volo all’involucro dentro il quale però affiorano le varie citazioni bibliche indispensabili all’artista, perché rendono più misurabile lo spazio e funzionano come momenti di riflessione sui temi religiosi.
Sono immagini evocate dalle varie epoche della storia dell’arte sacra, ma la storia qui acquista una sua unità come in un grande arazzo, perché il linguaggio dell’arte ce l’ha riportata tutta nel presente.
La ricerca artistica di Vago, così personale, appartiene, credo involontariamente, ad un’area dell’arte contemporanea che si è posta un’esigenza molto sentita, e cioè di far rivivere un oggetto del passato ricorrendo ad un “intervento”. Il risultato era l’impatto visivo che ci faceva rimbalzare con la massima evidenza ai nostri occhi tale oggetto, sottraendolo all’usura del tempo e riportandolo nell’attualità; ma l’operazione di Vago nasce ed è vissuta con sentimento religioso.

Le opere di Floriano Bodini nascono da ben altro procedimento.
L’altare, il pulpito e gli altri elementi plastici che lo scultore ha progettato per la Chiesa, appaiono subito di segno opposto e cioè come l’ancora necessaria a bilanciare uno spazio proiettato all’infinito in cui, per contrasto, pare che la sostanza plastica di cui sono fatte acquisti una maggiore densità e quasi una esaltazione della loro scultorietà. Le tre sculture: l’Angelo-Ambone, l’altare e la Sede si collocano con un perfetto bilanciamento nello spazio antistante il vecchio altare, creando come un percorso che collega i tre elementi e che risulta subito per il suo accordo armonico col tutto come uno degli inserimenti più felici che la scultura di Bodini abbia trovato in uno spazio architettonico.
Di forte impatto l’Angelo-Ambone in primo piano che pare percorso da una energia che ne scompigli gli elementi di cui è costituita; l’energia è contenuta tra due punti fermi, il pesante leggio alle sue spalle e il grande libro aperto collocato davanti alla base della figura. Il flusso che agita l’abito dell’angelo crea un dinamismo all’interno della struttura plastica che spinge l’osservatore a ruotare attorno alla scultura che risulta ricca di soluzioni e di invenzioni plastiche da tutti i suoi lati; nulla è stabilito a priori, tutto è reinventato con un incalzante gioco di forme nello spazio; l’Angelo, al limite, si potrebbe smontare pezzo per pezzo e osservare che ognuno di essi conserva autonomamente la sua bellezza astratta e la sua identità scultorea, per poi ricomporlo nella sua unità figurativa.
Con lo stesso spirito sono concepite le altre due sculture: l’altare e la Sede; l’altare è perfettamente equilibrato per la scansione degli spazi sulla facciata nei quali nella parte centrale Bodini riesce miracolosamente a rappresentare la moltitudine di figure senza che l’organismo perda la sua essenzialità e, si direbbe la sua classicità. Molto interessante la soluzione della sede dove il grande elemento (trono) e i due sedili laterali diventano l’occasione di una ulteriore sfida nel tradurre sul piano della pura ricerca plastica, oggetti che normalmente sono arredi o accessori. La scultura di Bodini è concentrata sul senso profondo dell’uomo e del peso tragico della sua storia; la sua ricerca plastica è in continuo rapporto con essa, la sua modernità scaturisce da un rigoroso processo storico e, per realizzare questa idea dell’opera, occorre l’indispensabile “mestiere” dello scultore con la sapienza antica e l’ansia di ricerca dell’oggi. La sua monumentalità è di ordine morale e ci richiama ai momenti alti della scultura.
È interessante osservare come i due artisti, così diversi tra loro, convivano perfettamente integrandosi l’uno all’altro; entrambi affrontano il “tema sacro” con un linguaggio moderno. Il sentimento che muove la ricerca di Vago nasce da un bisogno spirituale; Vago crede all’Arte come “miracolo”, come dono concesso all’uomo, e in ciò la sua fede lo premia, perché nel suo volo da acrobata il miracolo accade!
Bodini dal suo canto approda alla spiritualità per altra via: la sua scultura possiede una forza e un impeto drammatici, le sue innovazioni plastiche sono schegge conquistate attraverso la dura prassi del “lavoro” indispensabile perché la materia si trasformi.
Auguriamoci che, su tali esempi, la committenza della Chiesa di oggi agli artisti di oggi, come questa di Rovello Porro grazie alla passione e all’intelligenza del Parroco Don Maurizio Corbetta, abbia un suo seguito, e che il sentimento religioso che è parte intrinseca dell’ispirazione metta in moto una nuova qualità e profondità nell’arte del nostro tempo.

2003
Alberto Venditti