Per la serie “Percorsi d’Arte in Certosa” dal 30 Marzo al 22 Aprile 2019 presso la Galleria della Certosa di Milano (Via Garegnano, 28) Alberto Venditti presenta:

PASSIONE E PIETÀ
Opere Sacre (2003-2018).

Locandina mostra con un particolare dalla Crocifissione (da Grünewald )

Sede: Certosa di Milano
Luogo: Milano, via Garegnano, 28
Inaugurazione: Sabato 30 Marzo 2019, ore 17.00
Durata della mostra: 30 Marzo- 22 Aprile 2019

Giorni di apertura: 30-31 Marzo – 6-7-13-14-20-22 Aprile
Orario: 16.00-19.00
www.certosadimilano.com


Dal folder della mostra:

La mostra che la Certosa propone ha come soggetto la rilettura di due opere molto diverse per linguaggio e sentimento religioso, ma culturalmente contemporanee: la Crocifissione di Grünewald sull’altare di Isenheim e la Pietà Rondanini.

Nel recarmi nell’abitazione-studio di Alberto Venditti ho apprezzato come ogni volta il sentore di legno, carta e trementina. La casa era disseminata di quadri, ce n’erano sulle pareti e sul pavimento. Nel salotto una grande libreria raccoglieva la luce soffusa proveniente dalle finestre. In cucina erano già pronte le tazzine del caffè, con tanto di biscotti di pasticceria. “Come è nata l’esigenza di confrontarsi con la Pietà Rondanini?”. Glielo chiesi senza preamboli, bevendo il mio caffè. Lui rispose con naturalezza, per nulla preso in contropiede da quella domanda così diretta.

Ci sono molti casi di un rapporto vivo dell’artista con i classici. Picasso l’ha fatto con Las Meninas, ad esempio, Van Gogh con Millet. Mi son detto: io tento. A Milano ce n’è di classici. Ho scelto la Pietà Rondanini. Era un’attrazione intima che sentivo da tempo. Mi ci è voluto del coraggio per iniziare. Non mi risulta che artisti contemporanei abbiano preso in considerazione il problema di rendere la Rondanini materia di dialogo col linguaggio moderno. A parte il caso recente di alcune installazioni, naturalmente”. Dopo questa puntualizzazione, Venditti continuò. “Come in ogni opera, siamo di fronte al problema del tempo. Questo tempo è invisibile, è energia trasmessa da una materia all’altra, da un momento all’altro. Nel caso della Pietà Rondanini è un flusso di energia trasmessa dall’opera in parte distrutta all’abbozzo.

La pietà 2005 - olio su tela e collage cm.100x100

La pietà 2005 – olio su tela e collage cm.100×100

Siamo davanti all’angoscia dell’artista. Michelangelo è alla fine del suo lavoro ed è scontento, allora si attacca a questo blocco di marmo, che però non è sufficiente e qui nasce la modernità di Michelangelo. La sua ansia è in questi segni lasciati dalla gradina nel marmo, come se la pietra fosse lo spazio solido nel quale lui entra scavando”. Ci spostammo in salotto, dove le tele del ciclo Rondanini erano accatastate lungo le pareti. “Vedi, la Pietà continua ad esistere, la Pietà continua oggi, perché nel mondo, in tempo di guerra come in tempo di pace, c’è sempre una mamma che raccoglie un figlio torturato e offeso. Questo fa della Pietà una cosa viva e attuale”. Socchiuse una finestra. “Questa Pietà è diversa dalle altre: qui sembra sia il figlio a sorreggere la madre”. Un filo di vento fece ondeggiare le tendine. “La Rondanini è un’opera di grande crisi” continuò Venditti. “Non mi riferisco solo alla crisi del rapporto della madre con il dolore, ma anche a quella religiosa: Michelangelo è alla fine della sua opera ed è insoddisfatto”. Si avvicinò alle tele appoggiate alla parete. “Dopo il primo quadro ho sentito il bisogno di continuare l’indagine. Mi son detto: devo farne un altro. Poi ne ho fatto un terzo, e un quarto. Ho portato avanti il problema con una quindicina di quadri. Infine ho allargato il lavoro ad altri temi di Michelangelo. Non ho trovato la soluzione che cercavo, ma sono contento del dialogo avuto: ho fatto un lavoro rigoroso, io credo, traducendo in maniera organica il problema. L’idea dell’organismo in crescita mi sembra il più vicino allo spirito della scultura. Da questo punto di vista, l’esperienza si è conclusa”.

Io intanto avevo preso in mano una tela, inclinandola verso la finestra.

Ecco, vedi?” disse Venditti indicandola. “Qui mi sono discostato dal monocromo, per il colore. Inoltre, per immergere l’opera nei nostri giorni, ho usato dei collages. La donna vietnamita col bambino, ad esempio, vuole essere un aspetto civile del vissuto. In alcune tele ho utilizzato gli elementi che amo, come quelli metafisici. Nella metafisica le cose sono immobili per l’eternità, per questo stanno bene accostate alla scultura di Michelangelo, che è ferma. Ci stanno bene, anche se le pongo nel vento”. Sorrise. “Anche Michelangelo dipingeva il vento, quindi in lui c’è questa contrapposizione che affascina anche me”.

“E questi?” dissi indicando alcuni quadri di fianco al camino spento. C’era un Cristo di grande potenza, dove i colori sembravano crepitare.

Da Grunewald - 2003 - olio su tela cm.100x110

Da Grunewald – 2003 – olio su tela cm.100×110

Sono studi da Grünewald. La Pala di Isenheim”.

“È un’immagine terribile” dissi. “Ogni centimetro quadrato è incrostato di dolore. No, non incrostato, ma inchiodato. Ecco, sì: sembra che la pittura inchiodi la sofferenza alla tela, affinché la violenza non possa essere dimenticata. La pittura è lì per ricordarci ciò di cui l’uomo è capace. È questo che le interessava dire?”

Rispose con dolcezza, dopo un breve silenzio. “Penso che quello della morte, anzi, dei morti sia l’aspetto più civile del lavoro”. Guardò la tendina, che continuava a ondeggiare nel vento. “Il Cristo” aggiunse “compendia tutte le morti”.

Roberto Farina, marzo 2018