Critica
Gianni Pré
1997
Venditti è un pittore di larga esperienza, che fa dell’espressione immediata e incalzante il nerbo della sua problematica. La sua fantasia creativa procede a scatti, contrazioni, scorciatoie. Nel senso che nulla di meramente descrittivo emerge da questa sua nervosa sintassi pittorica ridotta all’osso, all’essenza bruciante dell’enunciato. Come si può osservare nel crudo ed asciutto realismo della migliore pittura espressionista.
Per Venditti che conta è l’impatto visivo, indipendentemente dal soggetto raffigurato. Importanza centrale nel suo discorso è conferire alla scena — sia che si tratti di una figura umana, di un interno, di un paesaggio o di una natura morta — il massimo grado di intensità con il minimo impiego degli espedienti tecnici.
Da qui questo suo fremente e ruvido album di appunti della realtà, aspro e risentito, magro e senza splendore, quasi il suo animo voglia come unghiare la tela con il bisturi di un’implacabile esigenza smascherante.
Non sono, pertanto, temi idilliaci od evasivi questi che ci propone, bensì spogli squarci del quotidiano, resi nella loro perspicua veridicità. Realistiche immagini di dolore, di spasimo, di passione, di fatica, di vitalismo e di dissoluzione.
2005
La Cappelletti Arte Contemporanea ha presentato, in maggio, l’ultima produzione del pittore di origine napoletana, da anni residente a Milano, Alberto Venditti: paesaggi e nature morte, dipinti con rara sintesi denotativa. Da tempo, ormai, questo vigoroso esponente della nuova figurazione contemporanea ci presenta oli di estrema asciuttezza espressiva. Il colore è magro, in certi casi come strappato dalla stessa polpa cromatica in una sorta di ferita aperta; il segno serpeggia lungo le torturate campiture come per graffiare ed incidere in profondità il tessuto degli scarni soggetti trattati. Si ha così la percezione, acutamente dolorosa, di una visione del mondo che si sospinge sino alle radici dell’essere, dove l’uomo-natura rispecchia le lacerazioni e gli spasimi della sofferenza universale.