Critica

Mario De Micheli

1984

Sono già almeno dieci anni che seguo il lavoro di Venditti. Sin dal primo incontro nel suo studio milanese di Piazza Castello, ho avuto la sicura impressione di un artista dotato e concentrato in una ricerca d’immagine né facile né acquiescente a formule di comodo. Allora Venditti puntava su di una metafora plastica cromaticamente sensibile, vibrante, enunciata con abbandono alle suggestioni di una fantasia lirica, fresca ed esaltata.
Le qualità della pittura erano immediatamente evidenti e dietro di esse si potevano intuire senza sforzo le ascendenze verso la più recente cultura figurativa meridionale entro la quale Venditti s’e formato negli anni dell’Accademia di Napoli. Ciò comunque non appariva come un limite, bensì come un giusto e imprescindibile dato «anagrafico», che non aveva né avrebbe impedito la sua crescita espressiva. E così è stato. Tale crescita infatti, senza tradire quelle premesse di natura e di cultura, si è svolta nel segno di una progressiva libertà e nel costituirsi di una fisionomia stilistica autonoma.

1976

È già qualche anno che seguo il lavoro di Venditti.
Sin dal primo incontro nel suo studio milanese di Piazza Castello, ho avuto la sicura impressione di un artista dotato e concentrato in una ricerca d’immagine né facile né acquiescente a formule di comodo.
Parlo di tre anni fa. Allora Venditti puntava su di una metafora plastica cromaticamente sensibile, vibrante, enunciata con abbandono alle suggestioni di una fantasia lirica, fresca ed esaltata. Le qualità della pittura erano immediatamente evidenti e dietro di esse si potevano intuire senza sforzo le ascendenze verso la più recente cultura figurativa meridionale entro la quale Venditti s’è formato negli anni dell’Accademia di Napoli. Ciò comunque non appariva come un limite, bensì come un giusto e imprescindibile dato « anagrafico », che non aveva né avrebbe impedito la sua crescita espressiva. E così è stato. Tale crescita infatti, senza tradire quelle premesse di natura e di cultura, si è svolta nel segno di una progressiva libertà e nel costituirsi di una fisionomia stilistica autonoma, che se da un lato ha indurito le pieghe e i profili delle sue immagini, dall’altro ha mantenuto aperto il gioco dell’immaginazione, consentendogli una serie di risultati d’indubbia efficacia.
Siamo al momento attuale. Il colore conserva fragranza, accenti e accensioni, mentre la forma si articola dentro una più stretta misura. La preoccupazione di dare al quadro una più ferma struttura non impedisce tuttavia a Venditti lo scatto creativo che appare la componente specifica del suo temperamento.
Cosi, dalla tela, emergono i suoi personaggi, i suoi attori, le sue spogliarelliste, i suoi operatori di macchina, i protagonisti dei suoi ritratti: un mondo di finte o crudeli realtà, di illusione o sgomento. Questo è Venditti a un momento decisivo per la sua carriera d’artista.

Mario De Micheli (Genova, 1º aprile 1914 – Milano, 17 agosto 2004) è stato un critico d’arte e critico letterario italiano. Storico delle avanguardie artistiche del Novecento, ha sostenuto con grande passione l’arte di impegno sociale e civile, militando con la sua critica a fianco dei pittori italiani ed europei a partire dai primi anni quaranta fino alla fine del secolo.